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Venerdì, 27 Marzo 2015 09:02

Contro-Meccanica modello di funzionamento neuronale di base In evidenza

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contromeccanica1

 

Nel 1° corso che ho tenuto di Contro-Meccanica ho cercato di  dare tante informazioni sui possibili scenari patologici osteopatici e di fare una lieve differenziazione di metodo, tra la normalizzazione classica e quella in Contro-Meccanica. Non sono qui a giudicare quale sia il  metodo migliore e neanche ad avanzare ipotesi e congetture che contrastano l’osteopatia nel suo insieme, ma sicuramente concorrere con un metodo integrativo e non sostitutivo all’osteopatia classica.

Questa nuova metodologia, rispetto a quella classica, si lascia alle spalle il concetto di lesione primaria e propende di più sulla teoria dei compensi sistematici che tendenzialmente si vengono a instaurare quando una disfunzione di base si complica.

Per coerenza, al di là dei corsi che tengo per l’insegnamento della tecnica, è doveroso da parte mia dare un’informativa di una parte di questa ricerca a tutti gli utenti e alle scuole di osteopatia che seguono il portale di OsteoMedicina, sperando sempre nella collaborazione di tanti colleghi  per poter fare sempre meglio nell’ambito osteopatico.

Parto dal concetto del fisiologo russo Secenov (1829 – 1905), il quale per primo ha scoperto le leggi dell’accelerazione del ristabilimento grazie a misure di recupero attivo dopo una qualsiasi problematica osteo-articolare-muscolare  accorsa.

Questo fenomeno si fonda sulle seguenti basi fisiologiche :

Se ad esempio si ha una contrattura per eccesso di affaticamento al braccio destro, dopo un certo periodo nei relativi centri motori del cervello subentra una fase di affaticamento, si produce così un’inibizione protettiva (no tender-point, no trigger-point) che provoca il processo di ristabilimento delle cellule. Durante una pausa passiva di riposo, questo cosiddetto potenziale di inibizione viene gradualmente distrutto.

Se invece iniziamo a contrarre il braccio sinistro grazie agli impulsi afferenti ai centri nervosi di questo stesso braccio (cioè nell’emisfero destro), si produce un’eccitazione che provoca nuovamente la costruzione di un’inibizione protettiva attraverso la collaborazione intrinseca funzionale dei due emisferi. Questi processi non si limitano al rispettivo emisfero, ma si diffondono all’altro,  per cui i due potenziali inibitori  si sommano. Un tale potenziamento dell’inibizione, da me testato eseguendo la nuova metodologia su molteplici pazienti, grazie alla sua profondità porta ad un accelerazione del processo di guarigione. Infatti, anche se teorizzata, la capacità di forza o di resistenza alla forza possono essere trasferite dalla muscolatura che lavora a quella simmetrica non impegnata. Quanto detto è dimostrato dalle ricerche di Walters, Stewart, Lecclaire ( 1996) e Yasuda Myamura  ( 1983 ), questo trasferimento di capacità di forza dipende dalla intensità con cui si esegue una normalizzazione, maggiore sarà l’intensità e maggiore sarà il trasferimento.                                                          

È interessante notare, che l’ effetto di trasferimento della forza contro – laterale  (di conseguenza contro – meccanica)  si può produrre anche  nei muscoli antagonisti, tant’ è che una normalizzazione per contrazione, nei flessori del braccio sinistro, può aumentare la forza e di conseguenza il recupero del 39 – 42 % ( Adam, 1972 ). Potremmo certamente evidenziarlo, ma non ancora affermarlo, che anche negli stadi cronici e acuti di compensazione osteo – articolare – muscolare, se ponessimo l’ accento sulle parti ancora mobili e senza dolore, non solo potremmo avere dei benefici funzionali, ma ancor più, potremmo stabilire gli squilibri posturali e privilegiare un’informazione afferente al sistema nervoso centrale, la quale  potebbe non solo correggere eventuali problematiche, ma per giunta, in seguito impedire la formazione di squilibri neuronali e di compensi che si potrebbero ripristinare.

La teorizzazione delle  basi neurologiche della contro – meccanica sono ben lontane da tutte le normalizzazioni che in questi anni di ricerca ho evidenziato, una tra le tante la possiamo leggere nell’ articolo “ Attenti alle valutazioni funzionali “, pubblicato sul portale di OsteoMedicina, dove  una problematica del primo metatarsale può indurre una disfunzione posturale che crea una serie di compensazioni che porta ad uno squilibrio di tutta la catena cinetica interessata.

Si invita a prestare attenzione, per quanto semplice possa sembrare il concetto neurologico di base della contro – meccanica, non bisogna essere avventati nell’ effettuare normalizzazioni senza aver seguito il corso preposto nella sua interezza.

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